Non è mai il momento giusto per morire. Novantotto anni non sono pochi, ma non sono mai abbastanza gli anni per lasciare tutto e tutti , in questi ultimi tempi si era ritagliato più tempo per la vita privata, soprattutto per la sua famiglia, la moglie sempre presente e sempre sua attenta consigliera, i suoi nipoti, ai quali certamente mancherà e per i quali era sempre stato presente, come hanno tenuto a far sapere commossi in un bel discorso pubblico d’addio.
Un uomo di lungo corso politico che ha attirato su di se l’attenzione dei media che lo hanno anche strapazzato, appellato malamente ma poi trattato non così tanto male. Un politico, Napolitano, che verso la fine della sua carriera ha espresso il meglio di quanto possibile in lui: si sentiva addosso tutto il peso della massima istituzione in Italia ed infatti ha anche rappresentato il record di durata assoluta nella carica di Presidente della Repubblica che solo Mattarella si appresta a superare tra qualche giorno.
Giorgio Napolitano, uomo dei record: il primo capo dello Stato ad essere rieletto, due mandati, cosa mai successa prima; il primo comunista a ricoprire la massima carica della Repubblica ma anche il primo comunista ad ottenere un visto per gli USA, e poi il primo comunista a rinnegare il comunismo, anzi non il primo ma sicuramente uno dei primi nel PCI, tanto da fondare una corrente politica, quella dei Miglioristi, fautori di una politica molto più social-democratica che socialista e quindi più che mai lontana dal comunismo, dal quale, però, ufficialmente Napolitano non si sfilò mai fino, al penoso percorso di trasformazione che dal PCI approdò al PD, dal bruco alla farfalla, percorso reso possibile anche per suo innegabile merito di grande tessitore poi affossato dal grande tramatore di nome Matteo Renzi.
Tra le connotazioni politiche di Napolitano, spicca il piglio col quale ha guidato la presidenza della Repubblica che normalmente ha solo potere di veto. Napolitano non si è mai limitato a far da passacarte, invece, i provvedimenti legislativi portati al suo cospetto, venivano analizzati e studiati criticamente da uno staff di sua fiducia che li spulciava e trovava, dove ritenuto, i punti deboli che decretavano anche un rinvio: insomma non si è mai limitato ad avvallare o meno le norma. Era un profondo conoscitore della materia e rispettava la Costituzione, sicuramente nella forma.
Certo che però ha avuto responsabilità innegabili ed acclarate come nel 2010, anno in cui non fece cadere il governo guidato da Silvio Berlusconi o nel 2013 in cui non permise la costituzione del governo a guida Bersani. Ma il governo al quale ha legato inevitabilmente il suo nome è quello Monti poi scalzato dall’ondata populista grillina, i 5Stelle erano arrivati al 26% nel 2013 grandemente sottovalutato da Re Giorgio. Lui non si fidava della pancia della gente, non a torto, e non aveva molta fiducia nelle ondate dettate dal furor di popolo e così non capì il fenomeno grillino. E comunque gli venne chiesto il bis dalla politica in totale impasse. Quella politica che gli pretese riforme anche profonde che passò ma non avrebbe potuto fare molto di più.
Napolitano, il migliorista, aggettivo che non gli piaceva nemmeno in inglese, quando il New York Times lo appellò membro degli “Improvers”, era il 2011 e lui non la prese molto bene, ma era fatto di una pasta diversa da quella dei politici di oggi, non affrontava le offese, se poteva se le faceva passare alle spalle, scivolare via.
La sua storia personale di borghese e colto benestante mosso dalla consapevolezza dei bisogni delle masse lo portò diciottenne verso il comunismo, scelta che gli costò accuse, tanto da doversi smarcare dall’essere etichettato come stalinista, soprattutto per le sue posizione espresse nella vicenda dell’Ungheria del 1956. Lo fece dopo molto tempo. Molti anni più tardi si difese, come era nel suo stile, dichiarandosi pentito di quel “certo zelo conformistico” con cui appoggiò, insieme a tutto il gruppo dirigente comunista, l’invasione sovietica.
Insomma se ne è andato un vero politico, che sicuramente ha fatto anche cose buone, come ad esempio se si ricorda che nel 2009 volle “ridare l’onore a Pinelli, vittima due volte” oppure quando nel 2013 inviò un accorato messaggio alle Camere sulla condizione delle carceri, chiedendo, inascoltato, l’indulto e l’amnistia. Un vero politico Giorgio Napolitano, ce se ne accorge soprattutto tentando un confronto con chi oggi siede sugli scranni del Governo, un tempo occupati anche da lui, loro che, invece, di cultura e non solo di quella politica, non ne sanno un accidente.