Una riforma costituzionale ed un ponte: queste sono le priorità del governo Meloni. Se il ponte sullo Stretto non ce lo possiamo permettere, non starebbe letteralmente in piedi (verrebbe giù da solo o, al massimo, con la prima scossetta di terremoto) tant’è che se ne era anche accorto Salvini nel 2018 e, questo la direbbe lunga.
Ma poi, se si chiede in giro, infatti il nostro popolo non chiede altro, o no? Ma visto che a questo Governo non riesce niente di buono, soprattutto dopo la luna di miele dei primi 100 giorni, anche per tentare di coprire magagne e figuracce, gaffes ed abbocchi, allora ci si butta su armi di distrazione di massa: ora è il momento del ponte sullo Stretto e intanto briga sulla “Riforma delle Riforme”, la riforma costituzionale per l’elezione diretta del premier.
E così Giorgia Meloni ed il suo entourage, ci stanno preparando una riforma costituzionale pericolosa perché assurda e scritta male. Se poi dovesse uscire qualche pastrocchio, se qualcuno armato di capacità, retorica e seguito facesse notare qualche serio problema costituzionale, si potrà sempre dire che si tratta di una bozza, come attualmente va di moda tra le fila del Governo.
Ma la riforma presentata un paio di giorni fa non sta in piedi, non ha i numeri e così come è scritta non la firmerebbe nemmeno Renzi… ed è tutto un dire.
E’ grossolanamente contraddittoria e va contro principi intoccabili e difficilmente emendabili della nostra Carta. Sembra di capire che l’unico obiettivo chiaro di questo Governo è l’elezione diretta del premier.
Ovviamente, dinnanzi a certe pericolose elucubrazioni mentali, arzigogoli ed orpelli, tantissime voci si sono levate ed hanno solo espresso il pericolo di minare all’unica carica di garanzia ancora in campo: il Presidente della Repubblica. Ed allora ci siamo sorbettati uno scorrere incessante di grani del rosario governativo che hanno tutti tentato di confortare affermando che “l’equilibrio non cambia, i poteri del presidente della Repubblica non cambiano, il ruolo del parlamento non è sminuito” anche se, alla luce dei capoversi della riforma presentata, non è così sia nella forma e che nella sostanza.
Se si mette mano ad una riforma di tal portata vi è assoluto bisogno di certezze giuridiche. Si deve sostituire una macchina rodata con un’altra ben progettata e, visti i margini sperimentali, si deve essere rigidi onde evitare derive e pericolose sbandate.
Invece così l’incertezza e la vaghezza di questo pasticcio raffazzonato rischiano, non solo di garantire una pericolosa deriva, ma pure la scomparsa di un nocchiero d’emergenza. La Meloni parla di “mandato popolare”, le interessa e la preoccupa questo aspetto, ma solo questo, dopo la corona, lo scettro e forse un paio di stivaloni di pelle ed una divisa. Concedere i pieni poteri ad una persona sola è certamente pericoloso. Rinunciare ad un primus inter pares, quale è l’attuale premier, per avere un capo del Governo con troppi poteri, dati anche dalla illusione, o, meglio, dalla scusa, di essere il prescelto dal popolo, è veramente troppo. Da questa situazione a chiedere, o, meglio, prendersi i “pieni poteri”, il passo sarebbe troppo breve.
La Meloni ci ha così promesso la Terza Repubblica, visto che la prima ce la siamo giocati all’italiana con la corruzione, la seconda l’abbiamo immolata al vizio ed al voyeurismo, la terza vorrebbe improntarla sul fascismo… e no!
Pretendere di avere il 55% di premio di maggioranza vuol poi dir perdere il controllo ed affidarlo ad un premier o meglio a questa premier che sogna il grande salto di qualità.
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