Dopo i recenti fatti di cronaca, la violenza di genere è assurta finalmente ad argomento di discussione, anche se troppo spesso ancora la strumentalizzazione distrugge di notte quello che di buono di giorno viene tessuto.
Per capire questo fenomeno bisogna partire dal comprendere la sua natura multifattoriale.
E’ ovvio che, purtroppo, ancora siano ben radicate discriminazioni di genere, per fattori sociali, culturali e storici che contribuiscono a ostacolare l’uguaglianza tra i sessi.
Analizzando il contesto storico, si nota che la violenza di genere è presente da secoli, alimentata da religione, ideologie e politica. La criminologia sottolinea che la violenza di genere colpisce donne di tutte le età e continenti, quasi sempre inserendosi in relazioni sentimentali.
Fattori di vulnerabilità rendono dura la lotta per debellare questo devastante fenomeno e sono rappresentati anche da comportamenti ambivalenti delle donne come la paura di uscire dal rapporto violento che però è causato dalla mancanza di servizi di supporto. Il potenziamento di case rifugio, di percorsi protetti sia nelle strutture sanitarie che nelle caserme delle forze dell’ordine, l’istruzione di personale altamente specializzato e qualificato dovrebbe essere prioritario se si pensa che ad oggi esistono in Italia solo 716 strutture specializzate, di cui 350 centri antiviolenza e 366 case rifugio come riferisce Telefono Rosa che risponde al numero 1522. Queste strutture di ricovero e protezione hanno appena 2502 posti letto con un coefficiente nazionale di 0,41 sulla popolazione femminile di più di 14 anni quando il coefficiente di riferimento dovrebbe essere pari a 2. In testa il Trentino Alto Adige con 3,4 ed in coda l’Umbria con 0,2. Qui si comprende come certi aspetti abbiano trattazioni così diverse in ambiti così simili e delicati. Per questo le donne troppo spesso stentano pericolosamente a smarcarsi dai loro aguzzini.
La recente normativa internazionale ed anche italiana sta tentando di agevolare le azioni preventive come l’allontanamento precoce ma restano ostacoli non secondari come per esempio l’affido condiviso della prole che rappresenta uno degli elementi che costringono a rivedere chi esercita violenza esponendo a rischi la donna. Vi sono poi ostacoli come la disabilità fisica o psichica che se non protetta porta ad esporre al pericolo le portatrici di handicap. Anche qui la differenza tra regioni e’ importante ed andrebbe trattata attraverso un innalzamento dei LEA, i livelli essenziali di assistenza decisi dalle politiche sanitarie.
Si comprende allora il perché l’Italia sia descritta in Europa, come ai primi passi nella comprensione di questo fenomeno ed intanto, soprattutto ultimamente, asimmetrie di genere e linguaggio sessista indicano una recessione dalla parità formale.
Dal punto di vista criminologico, le vittime sono spesso donne istruite, e la violenza può manifestarsi in forma di femminicidio, spesso preceduto da atti persecutori. Gli autori di violenza di genere sono descritti come uomini istruiti con una mentalità maschilista e patriarcale, con il controllo paranoico come causa principale. Sono evidenziati disturbi psichiatrici come il disturbo borderline e paranoide tra gli autori di tali violenze.
Il termine "femminicidio" indica un fenomeno profondamente radicato nella storia, spesso ignorato o sottovalutato, ora percepito come intollerabile e oggetto di denuncia sociale.
L’educazione al rispetto dell’altra parte appare più che mai urgente: l’impegno delle istituzioni scolastiche fin dalla prima infanzia sembra l’unica via percorribile. Istituzionalizzare un percorso ben strutturato e durevole alla educazione sentimentale e sessuale urge. Solo così finalmente potremo smettere di contare femminicidi e violenze sessuali.
Ne abbiamo già parlato in questo articolo
https://svozzi.wordpress.com/2023/09/04/violenza-sulle-donne-la-ricetta-disastrosa-del-governo/