Ieri l’altro sono inciampato in un post di un piccolo personaggio di provincia che esortava le donne a figliare.

Aveva fotografato una giostra, una replica di quelle coi cavalli di legno, chiusa e posta al centro di una piazza medioevale, di una cittadina deserta. Aveva condito quella foto con poche righe di commento, le prime architettate per far notare la sua conoscenza storica delle origini della piazza, così da ammantarsi di autorevolezza, per poi lanciarsi in un auspicio, una esortazione che suonava così: “Che le nostre donne si riapproprino della loro vocazione alla creatività, nel senso di fare sempre più figli. E si spera anche ‘legittimi’. Con l’augurio di un provvido anno nuovo.”.

Mi è corso un brivido lungo la schiena. In due righe scarse, poche parole, era stato espresso tutto un modo di pensare e vedere, un mondo, l’ormai tristemente famoso “mondo alla rovescia”, libro-manifesto che pare aver sdoganato il pensiero libero, certificato la morte del politicamente corretto. La destra da sempre ha sguazzato in questi liquami ed ora, che è al potere, sta mettendo in atto un progetto diffuso, screditare tutti coloro che non servono alla causa, che impicciano ed ingombrano la strada, il cammino. Ed allora l’individuazione del nemico o meglio dei nemici da annientare con la “cancel culture” di cui parleremo tra poco.

Le donne, in questo post venivano definite “nostre”, insomma un oggetto, una cosa che si possiede e di cui ovviamente si dispone, nel bene e nel male. Per poi passare al concetto di “vocazione”, quindi una chiamata spirituale che tradisce due concetti di base il presunto dovere di procreare ma, potendo, senza macchia, da moderne madonne coperte da tuniche e veli, quindi all’interno di un bel matrimonio, che importano poi 103 femminicidi in un anno. Queste donne/madonne sarebbero, per l’autore, vocate alla “creatività”, forse confusa con creazione o meglio procreazione. Insomma madri non per scelta ma per un naturale dovere. Che poi, i frutti di questa attività riproduttiva, che l’autore auspica essere “legittimi”, debbano essere quindi generati all’interno di una struttura tradizionale e socialmente approvata col sigillo, quantomeno, di un prete. Anche qui, in pochissime parole si descrive un mondo alla rovescia, i termini scorrono come i grani di un rosario antico che racconta tutto un modo di concepire, di porsi nei confronti del cosiddetto “gentil sesso”, del “sesso debole”.

Sin qui abbiamo parlato del rapporto di questa destra con il genere femminile ma c’è dell’altro, ovviamente. Nel 2020, il semiologo Noam Chomsky ha riconosciuto l’esistenza della “cancel culture”, la cultura della cancellazione. Ovviamente Chomsky non era d’accordo con quanto da lui notato, infatti l’ha descritta come “la prosecuzione, con i mezzi offerti dalla modernità, delle metodologie con cui le istituzioni mediatiche tradizionalmente modellano l’opinione di massa”. Chomsky, nello specifico si riferiva agli “obiettivi della politica estera americana, mettendo a tacere i dissidenti che parlano apertamente”, e questo mediante il mainstream che fabbrica aziendalmente il consenso intorno a “libri … editori, distruggendo carriere accademiche, mettendo a tacere le voci che non piacciono”. Qui la peculiarità, rispetto alla manipolazione dell’informazione, nasce però dal fatto che l’ostracismo proverrebbe “dal basso”, da iniziative volontarie assunte da gruppi di persone socialmente o politicamente impegnate.

Tipico della destra al potere è infatti in comandare da dietro, il parlare dopo aver capito i desiderata del proprio elettorato, ovviamente facendo mancare completamente la funzione di guida, esempio educativo che la politica dovrebbe rappresentare e fornire.

Da qui questa corsa su giornali, TV e, soprattutto sui social, all’appello contro la “dittatura del politicamente corretto”, commenti nervosi e taglienti, sguaiati ed offensivi contro l’immigrazione e il femminismo, il linguaggio corretto e la buona educazione, l’inclusività e l’accoglienza ma poi contro il green e le auto elettriche (viste addirittura come una imposizione della maledetta Europa), contro la carne coltivata e le diete plant based e poi perle su magrebini, arabi, ebrei, universo LGBTQ+.

Questi spanditori professionisti di letame, tengono sempre ben fermo il concetto che tutti i guasti attuali provengano da chi aveva governato prima, la colpa è, ovviamente, loro, di quelli di prima. Certamente dimenticano che Lega e Forza Italia erano stati sempre al governo e che Fratelli d’Italia aveva governato con Meloni sia nel 2013 che nel 2018. Ma tanto l’italiota medio ha memoria corta e fortemente selettiva. Oggi, salito sul carro del vincitore, nonostante la fame e la miseria che lo attanaglia, entra, di buon diritto, anche se solo nel suo ristretto immaginario, nella ex-maggioranza oppressa, oggi finalmente riscattata. Si tratta, principalmente, di maschi di mezza età, di massaie di Voghera coi grembiuloni con macchie di sugo al ragù, di signore col pellicciotto ancora con le tasche piene di palline di naftalina ma anche di commercianti in cerca dell’ultima evasione fiscale, di (im)prenditori pronti a raccogliere il frutto del lavoro di scambio voto-mazzetta-appalto, di potentati massonici risvegliati ed attivissimi, di membri di organizzazioni malavitose che si fregano le mani dopo le recenti riforme della Giustizia e tanta altra varia umanità.

Intanto sul web, ma anche per le strade, circolano, finalmente liberi ed accreditati, “raccontatori di barzellette da bar, abitanti scureggioni del mondo al contrario pronti a chiosare, amplificare, rilanciare, pavoneggiarsi nei mille rivoli dei commenti”, come scrive Alberto Piccinini sul Manifesto di qualche giorno fa.

E allora, non possiamo stupirci se anche uno pseudo-scrittore, di una città di provincia regalata alla destra, esterna pubblicamente tutto il suo maschilismo, la sua misoginia selettiva, la sua omofobia, il suo tradizionalismo nostalgico per quel ventennio che di guasti ne ha portati tanti e che ora sembra essere tornato almeno nello spirito e nella verve di questi frenetici politicanti col codazzo di frustrati in cerca di rivincita. Tutti questi hanno comperato e grattato il loro gratta e vinci ed stavolta hanno vinto, ora passano alla cassa calpestando e camminando sopra qualsiasi cosa, pur di ottenere la agognata vincita: la libertà di ruttare, scoreggiare, spandere letame su tutto e tutti pur di mantenere la loro piccola posizione di vantaggio. Di questo sottofascismo non possiamo non parlare, non possiamo sottovalutarlo e peggio ignorarlo, va stigmatizzato, additato, deprecato, questo l’unico modo per combatterlo, estirparlo come una malerba prima che si diffonda e contamini quel poco che di buono è rimasto della carcassa moribonda di questa società una volta definita civile e solidale.