E’ ora di dire basta. Dopo l’ecatombe in Ucraina, dove il sangue umano è stato sparso, su entrambe i fronti, con estrema profusione, dopo il disastro economico in cui è sprofondata l’Europa grazie alla difficoltà di approvvigionamento energetico, alle sanzioni, all’annullamento dei contratti commerciali in corso con la Russia, all’affossamento di miliardi e miliardi di euro in armamenti, siamo sempre più consapevoli e convinti che la guerra deve finire.

Oggi esiste ancora una integrità del territorio ucraino ed ancora si è in tempo per fermare la machina russa, ancora i quattro quinti del territorio sono ucraini, ma con l’America che si è tirata in dietro, con le titubanze europee, anche giustificate dalle estreme difficoltà economiche che attanagliano le casse UE, con la scarsità di armamenti a disposizione per Kiev, è giunto il momento di trattare. Trattare per la pace non significa trattare una resa, anche se dovranno essere concessi territori che poi Putin rivendicava dal 2014 e che aveva di fatto annesso, quindi sarebbe una concessione più che accettabile ed eviterebbe una capitolazione ben più grave.

Alla luce di quanto accaduto al Crocus City Hall di Mosca, poi, la saggezza dovrebbe portarci verso una de-escalation, una riduzione degli attriti. Oggi più che mai Putin, dopo questo sanguinoso attentato terroristico, è pronto a tutto, o quasi, pur di ristabilire la credibilità, quella credibilità in parte perduta, vaporizzata dalla falla informativa dei suoi Servizi di intelligence, il FSB, che ha completamente bucato i preparativi e tutte le fasi dell’attentato nonostante gli avvertimenti della CIA delle scorse settimane. E così 137 morti e 180 feriti di cui molti gravi che potrebbero far salire la conta delle vittime nelle prossime ore e questo pone Putin in un angolo da dove sta uscendo a suon di bombardamenti anche sulla capitale ucraina.

Dal 24 febbraio 2022, giorno dell’inizio della cosiddetta Operazione Speciale, di cose ne sono cambiate, il clima è cambiato, infatti un sondaggio dell’Ecfr (European Council on Foreign Relations) ci dice che soltanto il 10% dei cittadini europei è convinta che l’Ucraina sia ancora in grado di vincere la guerra. Ovviamente se non si considera la sciagurata ipotesi di un allargamento del conflitto alla NATO ed al pericolo di trasformare questa guerra in uno scontro nucleare globale.

C’è quasi da sperare in una vittoria di Trump, tra l’altro ancora favorito nei sondaggi, alle elezioni americane, perché nella sua criminale pazzia, Donald Trump affermando “Dirò a Putin di attaccare i paesi europei che non spendono per la loro difesa”, ha dichiarato di volersi smarcare da quel fronte, generando, a suo modo, una frattura nella politica americana ed europea ma ha palesato anche la sua intenzione, una volta rieletto alla presidenza del congresso, di riallacciare, a modo suo, i rapporti con lo zar, cosa già accaduta a Macron che, dopo aver paventato l’intervento diretto in Ucraina, oggi ha proposto la sua collaborazione per tenere a bada i tagliagole dell’ISIS Korasan, quelli che hanno rivendicato l’attentato di Mosca.

E’ arrivato il momento di trovare una alternativa alla escalation, una alternativa alla guerra sia a Gaza che in Ucraina, la posizione degli USA all’Onu è finalmente virata verso i colori della pace, anche se molto blandamente, e questo, se da un lato ha indispettito Netanyahu, primo ministro di uno stato, Israele, che ha sulla coscienza 33 mila civili, dall’altra rende possibile pensare che si possano finalmente deporre le armi. Insomma la pace è possibile alla faccia delle affermazioni del presidente del consiglio europeo Charles Michel che invece sembra fisso con lo sguardo verso la guerra soprattutto quando afferma: “ Esiste solo un piano A: il sostegno all’Ucraina”. Ovviamente per lui sostegno vuol dire invio di armamenti e non sostegno alla ricerca di una soluzione negoziale.

La nostra Europa non si può permettere moralmente di continuare a sostenere la guerra anche perché si è visto che, se da un lato ha fiaccato, noi europei, devastando la nostra economia, che prima era in forte ascesa, gettandoci in una recessione economica senza pari azzoppando anche la locomotiva tedesca, dall’altro rafforzando l’economia ed il peso strategico degli USA che comunque si stanno ritirando da tutti gli scenari di guerra.

Una negoziazione in Ucraina ed una uscita dal conflitto oggi rappresenterebbe, già di per se, una vittoria del fronte antiputiniano: Putin non è riuscito a prendere Kiev e ad instaurare un governo amico, continua ad essere oggetto di quell’accerchiamento che aveva scatenato il conflitto visto l’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia, otterrebbe il mantenimento dei territori di Crimea e Donbass che comunque aveva già da anni. Insomma una operazione disastrosa per Putin ma che ora sarebbe possibile chiudere vista anche la sua recente rielezione.

La pace è necessaria vista la fattuale disfatta di Zelenski che ha dovuto, alla fine, ammettere il fallimento della controffensiva ucraina nonostante la grancassa dei media occidentali che hanno fatto sperare inutilmente troppi disinformati. Sul campo, addirittura, si stanno predisponendo delle ritirate da “avanposti” ucraini, anche di media importanza, come Kharkiv.

L’Ucraina poi vede allontanarsi l’ingresso nella NATO dopo e così sta negoziando accordi di difesa con i partner dell’Alleanza atlantica (Gran Bretagna, Germania ed Italia).

Insomma, per essere pragmatici come gli americani, si può certamente affermare che questa guerra non la vincerà davvero nessuno dei due e finirà al tavolo di un negoziato, intanto abbiamo giocato a fare la guerra generando morti e distruzione immane facendo scivolare molto in basso l’importanza economica europea sulla piazza globale. Il peso politico non c’era prima ed oggi è pari a zero.