Non abbiamo più paura della guerra: sembra così a sentir parlare molti nostri politici, attualmente al governo in Italia ma anche nel parlamento europeo. La guerra viene vista e valutata come una opportunità, poi non così tanto deprecabile, impossibile ed improbabile. Entrare in un conflitto, che sarebbe globale, viene, sempre più, considerata come una delle possibili soluzioni per tentare di risolvere i conflitti attualmente in corso.

Non si parla però mai di quello che la guerra porta con se, ossia devastazione, distruzione, morte. Cosa ci succede? Il problema è che abbiamo perduto la memoria. Attorno a noi sono sempre meno i testimoni diretti, coloro che hanno vissuto, durante il secondo conflitto mondiale la paura, il terrore delle bombe, delle rappresaglie, delle fucilazioni, del partire per il fronte senza sapere quando e se si sarebbe tornati. Non ci sono rimasti molti spettatori di questi spettacoli dell’orrore che possano raccontarci cosa si prova per perdita improvvisa ed insensata di persone care.

La memoria però, se la si cerca, è ancora presente attorno a noi, anche se abbiamo oramai rimosso le macerie e ricostruito tutto quello che potevamo e con gli interessi, purtroppo.

Sui muri di molti palazzi dei centri cittadini, durante la seconda guerra mondiale furono dipinti, spesso con l’uso della Membranite, un legante per pitture che le rendeva estremamente resistenti alle intemperie, simboli e lettere quali segnali per la popolazione ed ancora, in molti casi queste scritte, questi segnali si sono conservati e sono ancora visibili.

Una “I” in nero cerchiata su sfondo bianco, indicava la presenza di un idrante in caso di incendio dovuto ad un bombardamento. Una grande freccia orizzontale o verticale indicava la via verso un rifugio. Una grande “R” la presenza di un rifugio antiaereo. Questi segnali da muro, questi pittogrammi rappresentano un passato recente che andrebbe preservato e valorizzato come monito.

Questi graffiti di guerra, queste indicazioni murarie, che siano simboli o frecce o lettere anche se hanno perduto la loro utilità originaria, quella di favorire l’individuazione dei rifugi da parte della popolazione durante i bombardamenti e ad aiutare l’opera di pronto intervento delle squadre di soccorso, facilitando ad esempio la rapida individuazione degli attacchi per gli idranti e delle uscite di sicurezza dei rifugi, oggi devono servire da pro memoria, soprattutto adesso che in molti vorrebbero farci credere che la guerra potrebbe essere una opzione percorribile.

Altri segnali, più rari da individuare, anche perché oramai rarissimi, sono i simboli dipinti sui tetti di alcuni edifici, utilizzati per evidenziare dal cielo le costruzioni meritevoli di speciale protezione per la loro specifica funzione (ospedali, chiese e monumenti) nella speranza, spesso tradita, che fossero salvati dai bombardieri.

Ultima memoria ancora presente in molti rifugi, riaperti in varie città, le scritte e le incisioni sui muri e sulle suppellettili presenti nei rifugi, realizzate dalle persone costrette a passare nell’angoscia, lunghe ore chiusi sotto terra con la paura di non poter poi risalire sani e salvi o terrorizzati per aver perso la casa e tutti i propri averi. Anche questo è la guerra, ricordiamocelo.

La lista dei principali segnali ed il loro significato

C = Cisterna idrica – Canale F = Fontana (in scantinato) – Fogna (condotto di fuga) Fp = Fontana (con acqua potabile) Gas = Impianti e tubature del gas I = Attacco idrante Im = Attacco idrante (con acqua marina) P = Pozzo – Pompa R = Rifugio – Ricovero Rc o R in C = Rifugio in corte o cortile S = Serbatoio idrico (ipotesi) U = Ufficio di protezione antiaerea (Sede Unpa) US = Uscita di sicurezza US in C = Uscita di sicurezza in corte o cortile V = Ventilazione (presa d’aria del rifugio)