No-vax, negazionisti climatici, razzisti, fascisti e nazisti: un vento bollente pare attraversare ogni angolo del cosiddetto occidente. L’ignoranza alla ribalta.

Pare proprio che il mondo stia virando a destra, una destra estrema: un mondo smarrito, confuso dalle post verità profuse a piene mani dai detentori del capitale, dai lobbisti. Un mondo occidentale dove si fa strada un pensiero: e se non tutti fossero in grado di votare? E se per esprimere il voto venisse richiesta una minima capacità cognitiva, di elaborazione, di comprensione?

Appare chiaro, sempre più, di stare vivendo un periodo di forte crisi della democrazia, riemerge dal passato una idea quella della epistocrazia.

Non tutti ne hanno sentito parlare, anzi è una forma di governo spesso poco citata perché scomoda. Epistocrazia è una parola che deriva dal greco episteme (conoscenza) e kratos (potere) - teorizzata già da Platone nella “Repubblica” e ripresa in tempi moderni da pensatori come Jason Brennan nel suo “Against Democracy” (2016).

L’epistocrazia propone un sistema in cui il peso politico dei cittadini sia proporzionale alle loro competenze e conoscenze. David Estlund, nel suo “Democratic Authority” (2008), pur criticandola, ha contribuito al dibattito teorizzando i limiti dell’attuale sistema democratico di fronte alla complessità delle sfide contemporanee.

Oggi, nell’era della disinformazione e della post-verità, questa visione trova nuovo terreno fertile. Tuttavia, come sottolineato da Hélène Landemore in “Democratic Reason” (2013), questa idea di governo non è senza rischi. Certo anche le democrazie contemporanee hanno mostrato limiti molto simili come il rischio di creare una nuova forma di oligarchia tecnocratica - Trump e Musk ne sono solo un esempio. Una tecnocrazia non ben strutturata, pur promettendo decisioni più informate, potrebbe minare il principio fondamentale dell’uguaglianza politica ma anche una democrazia “blindata”, come quella italiana, grazie ai potenti colpi inferti da trent’anni a questa parte e grazie all’accelerazione impressa negli ultimi due, rischia di saltare.

Anche se l’epistocrazia resta quindi una provocazione intellettuale che, più che offrire una reale alternativa alla democrazia, ne evidenzia le criticità attuali e la necessità di ripensare i meccanismi di formazione del consenso nell’era digitale. Il percorso attuale, se non corretto, potrebbe portare a guasti ben peggiori della epistocrazia.