L’articolo 1 della Carta è chiarissimo, la Repubblica democratica è fondata sul lavoro. È il lavoro, per la Costituzione, il valore di base dell’Ordinamento nazionale. Né il lavoratore né l’imprenditore, ma il lavoro, elevato al rango di diritto sociale in quanto fonte del sostentamento per l’individuo e strumento con il quale il singolo afferma la sua indipendenza e sviluppa la sua persona, è il diritto principe che garantisce a tutti la libertà.
Qualcosa oggi non quadra. Le norme approvate negli ultimi decenni non solo hanno depotenziato questo diritto, ma lasciato carta bianca agli imprenditori che usano il lavoro a proprio vantaggio mentre i lavoratori sono stati declassati a merce.
L’Italia continua a mostrare criticità significative nel mercato del lavoro rispetto alla media europea. Il tasso di occupazione italiano si attesta al 66,1% (dati ISTAT 2024), ben 8 punti percentuali sotto la media UE del 74,6%. Particolarmente preoccupante è il divario di genere: il tasso di occupazione femminile è fermo al 55,2%, contro una media europea del 69,8%.
La situazione dei giovani risulta ancora più drammatica: solo il 28,7% dei giovani tra i 15 e i 24 anni ha un’occupazione, contro il 38,5% della media UE.
Sul fronte salariale, il quadro è altrettanto sconfortante. Mentre in Germania il salario medio annuo lordo supera i 44.000 euro e in Francia si attesta intorno ai 39.000 euro, in Italia si ferma a circa 29.500 euro. Il potere d’acquisto dei salari italiani è diminuito del 2,9% nell’ultimo decennio, mentre nella maggior parte dei paesi UE è aumentato.
La precarietà lavorativa continua a crescere: oltre il 17% dei lavoratori italiani ha un contratto a tempo determinato, e il 12% è considerato “working poor”, cioè lavoratori che, nonostante abbiano un impiego, vivono sotto la soglia di povertà.
I dati sulle morti sul lavoro rappresentano una tragedia nazionale continua. Nel 2023 si sono registrate 1.041 vittime sul lavoro, con una media di quasi 3 morti al giorno. I primi quattro mesi del 2024 mostrano un trend in ulteriore peggioramento, con un incremento del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Gli infortuni denunciati superano i 585.000 all’anno, con settori particolarmente a rischio come l’edilizia, l’agricoltura e l’industria manifatturiera.
Senza mettere freni alla logica del profitto inutile piangere sulle morti che chiamano bianche!
L’attuale governo, nonostante le dichiarazioni di facciata sulla sicurezza sul lavoro, ha adottato politiche che vanno nella direzione opposta. Le risorse destinate all’Ispettorato Nazionale del Lavoro sono insufficienti, con un organico che copre appena il 50% del fabbisogno. Le ispezioni sono diminuite del 15% nell’ultimo anno, e le sanzioni per le aziende che violano le norme sulla sicurezza restano tra le più basse d’Europa.
Contemporaneamente, si continuano a promuovere forme di flessibilità che spesso si traducono in precarietà e minor tutela per i lavoratori. I tagli alla spesa pubblica hanno ridotto anche le risorse per la formazione sulla sicurezza, mentre il Piano Nazionale di Prevenzione 2022-2025 è rimasto in gran parte inattuato.
È urgente cancellare la controriforma del lavoro che hanno chiamato Jobs Act.
Ben venuto Referendum, 8 e 9 giugno cinque SÌ senza nessun tentennamento!
Viva il lavoro liberato dallo sfruttamento e dal profitto per pochi! Viva la lotta dei lavoratori per la propria dignità! Viva il 1° Maggio!